La testimonianza. Una mamma canturina e l’associazione “La Soglia”

“Tanti hanno bisogno di aiuto”

“Prendere una bambino in affido è stata, senza ombra di dubbio, l’esperienza più travolgente della mia vita”: sono parole di Manuela Moretti una mamma affidataria di Cantù, che si è avvicinata per la prima volta a questa realtà a “La Soglia”, associazione canturina a sostegno di famiglie in difficoltà.

Tutto è nato da un’esperienza di volontariato, come ci racconta la donna la cui identità, per ragioni di privacy dei minori di cui si occupa, non possiamo rivelare: “E’ iniziato tutto in maniera molto banale: avevo voglia di dedicare un po’ del mio tempo agli altri e, tra le tante opzioni di volontariato presenti sul nostro territorio, sono venuta a conoscenza de “La Soglia”, associazione che organizza un doposcuola nelle scuole elementari e medie di Cantù”.

La futura mamma affidataria ha iniziato così a seguire i bambini che venivano segnalati come bisognosi di un supporto nei compiti, fino a quando un incontro le ha cambiato la vita: “Ho lavorato per un anno con la stessa bambina e gradualmente sono arrivata alla consapevolezza di essere pronta per un impegno più grande, fino a quando mi hanno proposto di fare un affido residenziale, cioè con un bambino che vive in casa tua in pianta stabile. All’inizio – confessa – mi sono un po’ spaventata, con la consapevolezza che accogliere una persona in casa, inserirla nella tua famiglia, è ben diverso dal dedicarle qualche ora”.

Per arrivare a questa decisione, non è mancato il sostegno della famiglia: “In questo percorso graduale – racconta la donna -ho coinvolto mio marito, che è stato folgorato anche lui da questa creatura incredibile e ormai siamo una famiglia in tutto, anche se allargata e un bislacca: si parla spesso di due mamme, ed è così, c’è un abuso di genitori, di fratelli, di cugini, ma se si riesce a costruire un equilibrio è meraviglioso”.

Nella quotidianità, non mancano le fatiche di una mamma che , nel caso sia affidataria, deve saper gestire situazioni ancora più complesse che con i figli naturali: “Ho un figlio mio, oltre alla bambina in affido e ogni giorno vivo questa diversità: dal punto di vista pratico esiste una quotidianità più complessa e, se banalmente devo portare uno dei miei figli a fare una visita medica, o una radiografia, so che per uno dei due darà più complicato, ed è lì che mi accorgo che ci sono differenze nette tra quello che per la legge è tuo figlio e quello che è figlio di qualcun altro”.

Ma le difficoltà hanno solo rafforzato il desiderio di accoglienza di questa donna che desidera che l’affido venga conosciuto di più, e che altri seguano il suo esempio: “L’affido andrebbe diffuso, se ne dovrebbe parlare molto di più, ci sono molti bambini che vivono in realtà di violenza e hanno bisogno di aiuto”, afferma la donna. Non si tratta di una qualche realtà lontana, ma di persone che vivono a pochi chilometri o metri, da casa sua: “Sto parlando di bambini di Cantù, è questo l’aspetto sconvolgente, dato che il nostro è un territorio ricco e con tanto volontariato, con tanta gente che aiuta, ma allo stesso tempo c’è una realtà molto dura per tanti bambini”

(Dal giornale La Provincia, inserto Diogene 15 gennaio 2019)